Signore,
ti ringraziamo per la gioia che ci fai vivere ogni giorno insieme ai nostri figli; ti ringraziamo per averci donato Giona e per la possibilità che ci hai concesso di lasciargli un mondo migliore di come lo abbiamo trovato.Rendici capaci di educare nostro figlio nel tuo nome; lucidi nell’insegnargli a distinguere il bene dal male e, nel male, causa da conseguenza; umili nel trasmettere valori di giustizia e uguaglianza, affinché domani sappia applicarli nel vivere nel rispetto di tutti gli esseri viventi del creato.
Ti preghiamo di sostenerci nelle difficoltà dell’essere genitori, di dare a Giona la forza di affrontare la vita e il coraggio di essere libero.
Noi crediamo in te e ti preghiamo di starci vicino, oggi domani e sempre, in questo cammino di fede, dolore, speranza, lotta e amore che è la vita.
Ho battezzato mio figlio Giona. L’ho fatto il 4 settembre 2016, nove mesi dopo la sua nascita, nel nome e nel segno di Dio. Non abbiamo avuto dubbi, io e la mia compagna.
Il sacerdote che gli ha versato acqua sul capo e l’ha segnato col crisma, che il caso ha voluto straniero, ci ha dato la possibilità di comporre una breve intenzione dall’altare, di pensare e condividere con la comunità una preghiera per nostro figlio.
Ho recitato queste poche righe. Nel tentativo di semplificare e sintetizzare qualche concetto per me importante, mi sono accorto di quanto un’idea politica possa muoversi in parallelo con un’intenzione di preghiera, quanto un ringraziamento sia simile a un impegno, quanto una devozione vicina a una militanza.